Noi che eravamo giovanissimi
Counter Stats
gold coast study Counter
L'11° Reggimento Trasmissioni è erede delle tradizioni dell'11° Battaglione Trasmissioni "Leonessa" che, a sua volta, è prosecutore delle tradizioni di due Battaglioni costituiti in successione durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il 1° aprile 1972 con lo scioglimento del 6° Corpo d'Armata traendo le risorse del soppresso VI Battaglione Trasmissioni viene ricostituito in Bologna l'XI Battaglione Trasmissioni, alle dipendenze dell'Ispettorato delle trasmissioni.
Il 31 dicembre 1975, con la ristrutturazione dell'esercito, l'unità prende il nome di 11° Battaglione Trasmissioni "Leonessa", e nel 1976 riceve la bandiera di guerra e nel luglio dello stesso anno, viene trasferito dalla sede di Bologna a quella di Civitavecchia.
Dal 10 settembre 1978 l'11° Reggimento Trasmissioni è gemellato con la città di Leonessa (Rieti).
Il 1°settembre 1992 il Reparto assume il livello ordinativo di Reggimento e la denominazione di 11° Reggimento Trasmissioni, ereditando la Bandiera di Guerra del Battaglione.
Nel 1997 a seguito dello scioglimento degli Ispettorati e la ristrutturazione della Forza Armata, il Reggimento viene posto alle dipendenze del Comando dei Supporti delle Forze Operative Terrestri in Treviso, per passare successivamente (1999) alle dipendenze del Comando C4-IEW di Anzio.
L'anno 2001 la struttura ordinativa del Reggimento viene elevata a due Battaglioni. Il nuovo battaglione denominato "Tonale", viene costituito ufficialmente, a seguito di cerimonia, nell'Agosto dello stesso anno.
Dal 1980 ad oggi il Reggimento ha partecipato con propri reparti a tutte le missioni sia in Patria sia all'estero che hanno visto impegnato l'Esercito Italiano.
Il Reggimento è decorato di una Croce d'Argento al merito dell'Esercito (1997) e di una Croce d'Oro al merito dell'Esercito (2002).
Il 1° agosto 1995 su proposta del Ministro Segretario di Stato della Difesa, il Presidente della Repubblica Italiana ha conferito al Serg. Magg. Roberto Cuomo, la Medaglia d'Oro alla memoria al valore dell'Esercito.
Il motto del Reggimento è: "intelligenze ed armi congiungo".
Onore ai Militari Italiani Caduti in missioni di Peace-keeping nel Mondo
Durante gli anni della seconda guerra mondiale con il grado di sottotenente viene assegnato al reggimento granatieri. Da ufficiale è combattente sul fronte greco-albanese e sul fronte russo, prima nei ranghi del reparto aviotrasportato (1939) e poi inquadrato nel XXXII battaglione controcarro autocarrato Granatieri di Sardegna (in Russia dal giugno 1942 all'aprile 1943).
E' proprio con questo reparto che vive la tremenda ritirata di Russia. Durante il conflitto mondiale è ferito due volte e per il servizio svolto nella steppa russa, il sottotenente in servizio permanente effettivo dei granatieri Gianfranco Chiti merita una medaglia di bronzo al valor militare - anche per aver riportato a casa gran parte dei suoi granatieri - con la seguente motivazione:
"Comandante di plotone cannoni da 47/32 attaccato da ingenti forze nemiche respingeva più volte col tiro preciso dei suoi pezzi le masse avversarie attaccanti, cagionando loro perdite gravissime. Esaurite le munizioni e ricevuto dal proprio Comandante di reparto l'ordine di ripiegare con i resti della Compagnia su posizione prestabilita e trovata la strada sbarrata da superiori forze avversarie, munite di numerose armi automatiche, si metteva alla testa di un animoso gruppo, le attaccava decisamente con bombe a mano, e le metteva in fuga, dopo averle decimate, aprendo la via al proprio reparto e facilitando il movimento delle altre forze che seguivano. Ansa di Verch Mamon (fronte russo), 16 dicembre 1942".
Alla fine del secondo conflitto mondiale, dopo essere stato per circa sette anni in Somalia, è nuovamente inquadrato nel 1° reggimento Granatieri di Sardegna dove riveste numerosi incarichi di comando ai vari livelli tra i quali quello di comandante del IV battaglione meccanizzato di stanza a Civitavecchia (1966-1967) e quello di vice comandante di reggimento (1968).
Dopo un breve periodo di servizio svolto presso il comando Regione militare centrale di Roma e in seguito alla promozione al grado di colonnello assume il comando della neo costituita Scuola sottufficiali di Viterbo.
Nel 1978, già generale e dopo quaranta anni di carriera, decide di lasciare i bianchi alamari per intraprendere una nuova strada: quella del sacerdozio. Padre Chiti entra nel convento San Mauro dei Cappuccini, situato nei pressi di Rieti, dove studia teologia e dove prende i voti come frate minore, nell'ordine dei Cappuccini di San Francesco.
Nel 1982 riceve l'ordinazione sacerdotale nel Duomo di Rieti. Nel 1991 è comandato a Orvieto presso il vecchio convento di San Crispino. Una struttura, quella del convento, che fra' Gianfranco, grazie all'aiuto della provvidenza e di tantissimi amici granatieri e non sparsi per l'Italia e chiamati a raccolta, ha saputo far risorgere sia come opera architettonica e ambientale ridonata all'orvietano, sia come pura oasi di meditazione e raccoglimento spirituale.
I suoi punti di riferimento sono sempre stati indirizzati verso la fede in Dio e negli ideali nei quali si identificava. Quella voce interiore che lo chiamava alla gloria di Dio lo seguiva sin da piccolo, ma la sua vocazione diceva di averla avuta una volta tornato dal fronte russo dove "morire a vent'anni era naturale come nascere". Il suo incitamento era quello di stare accanto ai giovani. La sua missione era quella di essere vicino a tutti, dando quello che aveva: sostegno morale, speranza nella fede e nella provvidenza.
Era sempre presente con tutti, soprattutto con i suoi granatieri che manteneva sempre nel cuore e dei quali parlava con prorompente felicità specialmente in occasione della celebrazione della Santa Messa in suffragio di don Alberto Genovese Duca di San Pietro. La funzione religiosa si tiene ogni anno presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma per commemorare e ricordare Alberto Genovese, patrizio sardo, che alla fine del 1700 elargì all'allora reggimento Cacciatori di Sardegna un lascito di 120.000 lire vecchie di Piemonte.
Padre Chiti, in seguito a un incidente stradale, è stato ricoverato presso il policlinico militare Celio di Roma dove è morto il 20 novembre 2004 alle ore 08:30. I funerali sono stati officiati il 22 novembre nel Duomo di Orvieto. La salma è stata tumulata il 23 novembre nel Cimitero di Pesaro.
Tra quanti hanno scritto di lui ricordiamo le parole di Stefania Tomba: "Non c'è persona che dopo averlo conosciuto non l'abbia amato e cercato in un momento di gioia o di disperazione. Perché da quel gigante burbero e buono arrivava sempre una parola e non per forza dolce, però giusta. Un padre spirituale mai giudice, un amico severo ma infinitamente buono".
Viterbo Città del Lazio settentrionale e capoluogo di provincia. Sorge ai piedi dei Monti Cimini ed il nucleo storico si distende sopra un pianoro ondulato, ad un’altitudine media di 350 metri, tra i Colli di San Lorenzo, San Francesco, dei Tignosi e di Pianoscarano. E’ attraversata dal Torrente Urcionio, in gran parte coperto, e dal Torrente Mola che, prima di gettarsi nel primo, si congiunge a quello di Paradosso.
Viterbo si trova al centro di una ricca campagna, a 35 Km. dal Mar Tirreno e la sua famosa Tarquinia, a 30 Km. dal Lago di Bolsena con l’omonima cittadina ed a 15 Km. dal Lago di Vico con la vicina Caprarola ed il suo Palazzo Farnese.
Viterbo è unita a Roma dalla Strada Cassia e Strada Cimina (circa km. 80), da due ferrovie e da un efficiente servizio di autopullman. L’antica Città di Viterbo è ancor oggi racchiusa da possenti mura in peperino la cui costruzione è iniziata nel 1095 e completata nel 1268. Sono alte oltre dieci metri, con torri ben conservate e porte medievali ancora intatte; il nucleo di Viterbo ha mantenuto l’aspetto medievale in particolare nel quartiere di San Pellegrino, con palazzi e torri del XIII secolo. Il più importante complesso monumentale della città di Viterbo è indubbiamente il Palazzo Papale sul Colle del Duomo che rappresenta un’insigne testimonianza di architettura gotica, con bifore, merli, archi rampanti; è ornato da una splendida loggia sostenuta da una volta, mentre la piazza è completata dalla cattedrale con facciata rinascimentale e dal suo bel campanile trecentesco. Famosissime sono anche le numerose fontane “a fuso” che ornano le strade e le piazze della Città di Viterbo, risalenti per lo più allo stesso periodo. Altri monumenti importanti a Viterbo sono la Rocca Albornoz, sede del Museo Nazionale e la Chiesa Santa Maria della Verità, al cui fianco è il Museo Civico, con importanti testimonianze della storia della città di Viterbo; poi Palazzo Farnese, Chigi, del Podestà e del Comune, con la sua torre alta ben 44 metri.
Nei dintorni di Viterbo si trovano la Chiesa di S.Maria della Quercia, armoniosa costruzione rinascimentale, la Villa Lante di Bagnaia, disegnata dal Vignola, le rovine romane di Ferento e quelle etrusche di Castel D’Asso. Le origini di Viterbo traspaiono dai reperti archeologici che sono stati ritrovati nei secoli, indicanti l’esistenza, fin dai primordi del neolitico, di una popolazione etrusca autoctona: intorno alla città di Viterbo, i ritrovamenti al Rinaldone e le tombe del Riello ne sono la testimonianza.
Nell’VIII secolo dell’era cristiana, il castrum viterbii, era questo il suo nome, attirò l’attenzione di re Desiderio, ultimo re dei Longobardi che,volendo invadere il Ducato di Roma, venne qui con un forte esercito, fortificò la città di Viterbo con mura e possenti torri e vi fece la sua base, da cui partire per la conquista della città eterna.
Fu però atterrito dalle scomuniche inviategli dal Papa Adriano I, ma forse anche dall’esercito di Carlo Magno, re dei Franchi, che il Papa aveva chiamato in aiuto; abbandonò così i suoi propositi di conquista e risalì velocemente verso la Toscana.
La Città di Viterbo ne trasse molti benefici, in quanto, fortificata come era, attirò gente dai borghi vicini ed anche molti longobardi decisero di rimanervi. Viterbo cominciò così ad acquisire importanza politica e militare su tutto il territorio e ad ingrandirsi notevolmente.
Nei secoli successivi la città di Viterbo fronteggiò le scorrerie dei Turchi, che si erano impadroniti di Civitavecchia e quelle dei Normanni. Nel 1148 la città di Viterbo si costituì in libero Comune, promulgando nel 1251 il proprio Statuto, uno dei primi esempi in Italia. A Viterbo, chiamata ancora oggi la Città dei Papi,vennero tenuti nel XIII secolo diversi conclavi (riunione dei cardinali per la nomina del Papa), tra cui quello più lungo che la storia ricordi; anzi la stessa parola conclave è stata adoperata per la prima volta quando i viterbesi tennero chiusi cum clave (a chiave), appunto nel Palazzo Papale, i cardinali perché si affrettassero ad eleggere il Papa.Durante le lotte tra Papato ed Impero, la città di Viterbo ebbe alterne vicende, l’imperatore Federico II le concesse vari privilegi, tra cui quello di coniare moneta; Viterbo divenne capoluogo del Patrimonio di San Pietro, cioè di tutti i territori donati alla Chiesa; Viterbo fu eretta sede vescovile nel 1192. La storia ci riferisce che fino al XIV secolo vennero intraprese continue lotte per la supremazia del territorio di Viterbo, prima tra le Famiglie più importanti, poi contro Roma ed infine contro gli Imperatori. Fu una guerra continua per l’acquisizione dei villaggi vicini e per il predominio sulla Città di Viterbo.
Nei secoli successivi Viterbo ritornò sotto il dominio di Roma, seguendone da allora le sorti. Viterbo continuò ad attrarre visitatori da tutto il mondo, non solo come tappa obbligata sulla Via Francigena che dall’Inghilterra, attraverso la Francia, portava i pellegrini a Roma verso la Tomba di San Pietro, ma perché la fama dei miracoli di una Santa fanciulla di nome Rosa, protettrice della Città, attirava presso il suo monastero imperatori, capi di stato e persone di ogni rango. Viterbo deve la sua importanza anche alle sue acque sorgive minerali che sgorgano nei dintorni della Città e l’hanno resa famosa fin dall’antichità per le sue acque sulfuree che hanno alimentato le numerose terme etrusche e romane, i cui ruderi sono sparsi sul territorio. Attualmente leterme di viterbo, con l’acqua che sgorga alla sorgente del Bulicame a 52°C, sono in funzione degli stabilimenti termali dotati di alberghi e sofisticate attrezzature.
Aiutaci, Signore, affinché, con la forza della Tua fede, siamo capaci di affrontare fatiche e pericoli in generosa fraternità d' intenti, offrendo alla Patria la nostra pronta obbedienza, la nostra serena dedizione.
Fa che sentiamo ogni giorno, nella voce del dovere che ci guida, l' eco della Tua voce; fa che siamo d' esempio a tutti i cittadini nella fedeltà ai Tuoi comandamenti, alla Tua Chiesa e nell' osservanza delle leggi dello Stato.
Dona, o Signore, il riposo eterno ai nostri morti ed ai caduti di tutte le guerre. Concedi ai popoli la pace nella giustizia e nella libertà e che l' Italia nostra, stimata ed amata nel mondo, meriti la protezione Tua e la materna custodia di Maria anche in virtù della concordia operosa dei suoi figli.
Amen
Da allora in poi, superate le diffidenze degli eserciti "guerrieri" occidentali (Regno Unito, Stati Uniti, Francia) la credibilità del soldato italiano – quello di "Tutti a casa" per intenderci – è cresciuta nella considerazione internazionale lasciandosi alle spalle l’immagine iconografica del bravo figlio di mamma amante più di pizza, spaghetti e donne che non del proiettile calibro 7,62 del fucile d’ordinanza.
A questa crescita hanno contribuito in modo determinante gli eventi del novembre 1989 (Caduta del muro di Berlino) e le sue conseguenze. Tra queste, il nuovo concetto strategico dell’Alleanza atlantica, necessaria risposta occidentale agli avvenimenti che coinvolsero il Centro e l’Est europeo. Con la nuova strategia della Nato, agli eserciti alleati venivano assegnati nuovi compiti, tra cui quello che più si è attagliato alla natura del soldato italiano: il mantenimento della pace.
A questo punto, forse è bene precisare al lettore che l’impiego del termine "soldato" è un’esigenza di sintesi e il suo significato si estende a tutti gli ufficiali, sottufficiali e militari di truppa dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. E’ negli anni novanta che l’immagine delle Forze Armate italiane ha ricevuto l’impulso più significativo nella direzione della credibilità mondiale. La Somalia, il Kurdistan, la Bosnia hanno sempre visto impiegati tra i primi i nostri soldati e sempre in prima linea.
Riteniamo, tuttavia, che il culmine sia stato raggiunto in occasione dell’operazione "Alba", prima - e unica fino ad ora – operazione multinazionale pianificata dai nostri Stati maggiori e condotta da un generale italiano. Perfino l’autorevole New York Times, che all’inizio aveva criticato fortemente la Forza Multinazionale di Protezione, pubblicando un articolo che accusava i soldati di comportarsi come dei "boy scout", si dovette ricredere riconoscendo che il successo dell’operazione era dovuto proprio alla impostazione datale dalla leadership italiana.
Oggi i soldati italiani sono in Albania, Algeria, Bosnia, Congo, Croazia, Egitto, Guatemala, India, Irak, Israele, Kossovo, Kuwait, Libano, Marocco, Pakistan, Siria. L’Aeronautica militare italiana, in Kossovo, ha costruito dal nulla un aeroporto a Djakovica e ne ha il controllo; dal 1° luglio ha anche il controllo dell’aeroporto internazionale di Pristina. Nel mese di ottobre , il comando delle truppe della KFOR sarà assunto da un generale a tre stelle italiano. Oltre settemila uomini, tutti rispettati proprio per quel loro modo di essere soldati.
Elmetto, giubbotto antiproiettile, arma carica, soldati che pattugliano le zone più impervie, che aprono al fuoco se necessario, ma che sanno anche come si fa a prendere un bimbo in braccio o accudire un vecchio. Soldati che sanno maneggiare le armi ma che le sanno impiegare per lo scopo più nobile: la Pace. E’ difficile oggi trovare un soldato che non abbia svolto almeno una missione all’estero. Oggi i soldati italiani non sono più "tutti a casa".
Costituzione italiana, articolo 12 La Bandiera Italiana Significato dei Colori Perchè Tricolore L'inno di Mameli Il poeta Il musicista Come nacque l'inno L’inno Fratelli d'Italia (1847) di Goffredo Mameli Inno nazionale della Repubblica italiana dal 1947 L'Italia s'è desta, |