domenica 8 dicembre 2013

Berlusconi: «Il governo Monti fu un colpo di stato. Ritorno a FI dopo tanti tradimenti»


 

Nuovo affondo di Berlusconi nel giorno della presentazione dei club di Forza Italia.
«Fui costretto a dare le dimissioni e si installò un governo completamente oscuro agli elettori: se questo non è un colpo di stato ditemi come si può chiamare»: così l'ex premier, all’Auditorium Conciliazione di Roma, ripercorre le fasi che precedettero l’avvento del governo Monti e bolla gli eventi come «colpo di stato» con un riferimento nemmeno troppo velato al caso Ruby. Vi ricorda qualcosa l’espressione bunga bunga? - aggiunge il Cavaliere - Sono stato accusato di cose efferate che ho giurato sulla testa dei miei figli di non aver mai commesso. Io ho 52 testimoni a favore contro sei. I loro sei vincono perché dicono la verità mentre tutti i miei 52 mentono». «Il nostro obiettivo - continua il cavaliere - sono 12 mila club in tutta Italia».
ALFANO Poi il Cavaliere nomina Angelino Alfano e dalla platea arrivano una pioggia di fischi e urla di dissenso dalla platea della convention :«Quando ho lasciato il partito ad Alfano - sottolinea l’ex premier - era al 37% e l’ho ripreso all’11,7%». E non manca una stoccata al governo Letta: «Questo governo non ha rispettato i patti. I nostri patti erano tre - aggiunge Berlusconi - nessun aumento dell’Iva, nessuna tassa Imu sulla casa perché per noi è sacra e volevamo un cambiamento forte nel modo di operare di Equitalia. Questo governo è naufragato su queste promesse».

MAGISTRATI Non solo: ai militanti Berlusconi ribadisce la sua posizione vero la magistratura che «si è data una missione a favore della sinistra». «Da ordine dello Stato - rilancia l’ex premier - si è trasformata in un contropotere che tiene sotto di sé il potere esecutivo e decisionale. Da noi i magistrati non dipendono da nessuno, sono incontrollabili e irresponsabili nemmeno di ciò che commettono per colpe gravi e dolo e si giudicano tra di loro». 

Il Papa celebra l'Immacolata a Roma: «Le affiderò la città, la Chiesa e l'umanità»


Il Papa in piazza di Spagna (Foto Stanisci/agenzia Toiati)

Doppio appuntamento ai piedi della Vergine nel giorno dell'Immacolta, per papa Francesco.
Primo appuntamento in piazza di Spagna. Una folla di decine di migliaia di persone ha accolto Papa Francesco giunto dal Vaticano nel centro di Roma a bordo della Ford Focus che usa ormai abitualmente per i suoi spostamenti nella città. Sceso dall'auto, il Pontefice ha percorso a piedi la piazza fino alla Statua dell'Immacolata, salutando la folla sui due lati, baciando e abbracciando alcuni disabili. Bergoglio si è anche chinato a raccogliere un fiore che gli è stato lanciato dai fedeli.Terminato l'atto di omaggio all'Immacolata e dopo essersi intrattenuto a salutare la folla dei fedeli, tra due ali di folla, alcune centinaia di persone, Papa Francesco è giunto a bordo della Ford Focus - entrando da un ingresso laterale - alla Basilica di Santa Maria Maggiore dove si soffermerà in preghiera davanti all'immagine della Salus Populi Romani. I fedeli festanti gli hanno tributato un applauso e lui ha risposto sorridendo e benedicendo dall'interno dell'auto. Poi si è diretto all'interno della Basilica per la messa.

Alle 17,45 Papa Francesco ha lasciato la Basilica di Santa Maria Maggiore dove si è soffermato in preghiera davanti all'immagine della Salus Populi Romani. All'uscita Bergoglio ha salutato dall'utilitaria due bambini con cui si è intrattenuto, dopo averli benedetti, pochi secondi. L'auto del Pontefice si è poi affiancata ad una delle ali di fedeli che erano in attesa della sua uscita e da lì Papa Francesco, acclamato ed applaudito dagli astanti, ha scambiato alcune parole di benedizione e auguri.


Le parole del pontefice prima della cerimonia. «Oggi pomeriggio, seguendo un'antica tradizione, mi recherò in Piazza di Spagna, per pregare ai piedi del monumento all'Immacolata», ha detto papa Francesco al termine dell'Angelus nella festa dell'Immacolata Concezione. «Vi chiedo di unirvi spiritualmente a me in questo pellegrinaggio - ha proseguito -, che è un atto di devozione filiale a Maria, per affidarle la città di Roma, la Chiesa e l'intera umanità». «Nel rientro mi fermerò un momento nella basilica di Santa Maria Maggiore per salutare con la preghiera la 'Salus populi romanì - ha aggiunto il Pontefice con riferimento all'immagine mariana che vi è conservata - e pregare per tutti voi, per tutti i romani».

A piazza San Pietro. «Anche noi, da sempre, siamo stati scelti da Dio per vivere una vita santa, libera dal peccato», ha affermato papa Francesco all'Angelus, in una Piazza San Pietro affollatissima di fedeli nella festa dell'Immacolata Concezione. «È un progetto d'amore che Dio rinnova ogni volta che noi ci accostiamo a Lui, specialmente nei Sacramenti», ha detto il Pontefice. Il Papa, commentando i brani evangelici, ha dedicato il suo discorso alla figura di Maria, «la Madre di Gesù, la nostra Madre», invitando anche i fedeli a ripetere con lui tre volte l'appellativo «piena di grazia». Bergoglio ne ha parlato come di «una ragazza di Nazareth, piccola località della Galilea, nella periferia dell'impero romano e anche nella periferia di Israele», su cui però «si è posato lo sguardo del Signore, che l'ha prescelta per essere madre del suo Figlio». E illustrando in breve il dogma dell'Immacolata Concezione, ha spiegato: «In vista di questa maternità, Maria è stata preservata dal peccato originale, cioè da quella frattura nella comunione con Dio, con gli altri e con il creato che ferisce in profondità ogni essere umano». «Ma questa frattura - ha proseguito - è stata sanata in anticipo nella Madre di Colui che è venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato. L'Immacolata è inscritta nel disegno di Dio; è frutto dell'amore di Dio che salva il mondo». Secondo Bergoglio, «il mistero di questa ragazza di Nazareth, che è nel cuore di Dio, non ci è estraneo. Infatti Dio posa il suo sguardo d'amore su ogni uomo e ogni donna! Con nome e cognome. L'Apostolo Paolo afferma che Dio 'ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolatì».

L'UMILTA'


 

Padre Raniero Cantalamessa

Inizio questo insegnamento richiamando un brano della Parola di Dio che si trova in Luca, cap. 14; si tratta della parabola sulla scelta dell'ultimo posto a tavola, che termina con la frase: "Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato " (Le 14,7-11).

Noi siamo convenuti qui, oggi, pieni di gioiosa attesa, perché vogliamo fare la nostra Pentecoste. La Pentecoste è un evento grande per la Chiesa. Ma che cosa possiamo mettere noi, di nostro, per fare la Pentecoste? Assolutamente niente! La Pentecoste la decide solo Dio; la Potenza che scende dall'alto, scende dall'alto e basta; non la si può strappare a forza dalla terra. Tutto ciò che c'è di positivo, di dono, nella Pentecoste, ci viene da Dio; è il Padre che stabilisce il modo, il tempo e la misura per ognuno.

Che cosa possiamo fare noi, allora, per avere la nostra Pentecoste, se non possiamo fare nulla di "positivo"? Possiamo fare il vuoto, che permetta allo Spirito Santo di venire! Creare il vuoto significa metterci in atteggiamento di profonda, sincera umiltà davanti a Dio. In questo, Maria preparò gli apostoli a ricevere la prima Pentecoste: li aiutò a farsi piccoli, umili e docili. Basta saper leggere tra le righe. Quando gli apostoli si erano trovati insieme l'ultima volta, in quello stesso cenacolo, prima della passione del Signore, sappiamo che discutevano ancora tra loro chi fosse il più grande (cfr. Le 22,24ss). Ora che Maria, "l'umile ancella", ha fatto loro scuola di umiltà, durante quella memorabile "novena", ritroviamo gli stessi uomini nello stesso posto, nel cenacolo, ma non discutono più su chi è il più grande; sono invece "assidui e concordi nella preghiera".
Parliamo dunque dell'umiltà poiché essa appare la migliore preparazione a ricevere lo Spirito Santo. Con questo insegnamento intendo anche completare il discorso fatto a Rimini sulla "sobria ebbrezza dello Spirito", sviluppando un punto che in quell'occasione fu appena accennato. e precisamente il significato dell'aggettivo "sobria". Che ci sia una "ebbrezza" dello Spirito, come ci fu il giorno stesso di Pentecoste, questo dipende da Dio; ma da noi dipende l'essere sobri",e oggi vediamo che questo vuol dire anche essere "umili".

L'umiltà di Gesù

Gesù terminava la sua parabola degli invitati al banchetto dicendo che chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato. Ma cosa significa "umiliarsi"? Sono sicuro che se domandassi a varie persone cos'è per loro l'umiltà, otterrei tante risposte diverse, ognuna contenente una parte di verità, ma incomplete. Se lo domandassi a un uomo che è portato per temperamento alla violenza, a far valere il proprio punto di vista con forza, forse mi risponderebbe: "l'umiltà è non alzare la voce, non fare il prepotente in casa, essere più mite e arrendevole Se lo domandassi a una ragazza, forse mi risponderebbe: "l'umiltà è non essere vanitosa, non volere attirare
lo sguardo degli altri, non vivere solo per se stessi o per la facciata..." Un sacerdote mi risponderebbe: "Essere umili significa riconoscersi peccatore, avere un sentimento basso di se stesso Ma è facile capire che così non si è toccata ancora la radice dell'umiltà.

Per scoprire la vera radice dell'umiltà bisogna, come sempre, rivolgersi all'unico Maestro che è Gesù. Egli ha detto: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore " (Mt 11,29). Per un po' di tempo, confesso che questa frase di Gesù mi ha molto stupito. Infatti: dov'è che Gesù si mostra umile? Leggendo il vangelo non si incontra mai la benché minima ammissione di colpa da parte di Gesù. Questa è anzi una delle prove più convincenti dell'unicità e della divinità di Cristo: Gesù è l'uníco uomo che è passato sulla faccia della terra, ha incontrato amici e nemici senza dover mai dire: "Ho sbagliato!", senza chiedere mai perdono a nessuno, neppure al Padre. La sua coscienza ci appare un cristallo: nessun senso di colpa la sfiora. Di nessun altro uomo, di nessun fondatore di religione, si legge una cosa simile.

Dunque Gesù non è stato umile, se per umiltà intendiamo parlare o sentire bassamente di sé, ammettere di avere sbagliato. "Chi di voi - egli può dire con sicurezza - può convincermi di peccato?" (Gv 8,46). Eppure questo stesso Gesù dice con altrettanta sicurezza: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore " (Mt 11,29). Allora vuol dire che l'umiltà non è proprio quella cosa che il più delle volte noi pensiamo, ma qualcos'altro che dobbiamo scoprire dai vangeli.

Che cosa ha fatto Gesù per essere e dirsi "umile"? Una cosa semplicissima: si è abbassato, è sceso. Ma non con i pensieri o con le parole. No, no; con i fatti! Con i fatti Gesù è sceso, si è umiliato. Trovandosi nella condizione di Dio, nella gloria, cioè in quella condizione in cui non si può né desiderare né avere niente di meglio, è sceso; ha preso la condizione di servo, si è umiliato facendosi obbediente fino alla morte (cfr. Fil 2,6ss). Una volta iniziata questa discesa vertiginosa da Dio a schiavo, non si è fermato ancora; ha continuato a scendere, tutta la vita. Si mette in ginocchio per lavare i piedi ai suoi apostoli; dice: "Io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27). Non si arresta finché non tocca il punto oltre il quale nessuna creatura può andare, che è la morte, Ma proprio là, nel punto estremo del suo abbassamento, lo raggiunge la potenza del Padre, cioè lo Spirito Santo, afferra il corpo di Gesù nella tomba, lo vivifica, lo risuscita e lo innalza alla sommità dei cieli, gli dà il Nome che è al di sopra di ogni altro nome e ordina che ogni ginocchio si pieghi davanti a lui. Ecco un esempio concreto, la realizzazione massima della parola: "Chi si umilia sarà esaltato".

Vista in questo specchio, che è Gesù, l'umiltà ci appare dunque non una questione di sentimenti, cioè un sentire se stessi in modo basso, ma una questione di fatti. di gesti concreti; non una questione di parole, ma di realtà, di azioni. L'umiltà è la disponibilità a scendere, a farsi piccoli e a servire i fratelli; è la volontà di servizio. E tutto questo, fatto per amore, non per altri scopi. Ci può essere un'attitudine al servizio dei fratelli anche in persone non credenti; dobbiamo ammettere onestamente che ci sono intorno a noi persone che non si dicono cristiane e tuttavia, in certi casi, ci danno l'esempio nel collocarsi accanto ai poveri, agli emarginati. La differenza sta nel fatto che, in un cristiano, tale disponibilità al servizio deve essere ispirata e come sostanziata di amore.

In un certo senso, possiamo dire che l'umiltà è gratuità, è abbassarsi senza alcun interesse proprio o calcolo. La parabola degli invitati al banchetto prosegue con queste parole di Gesù: "Quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti" (Le 14,13ss). Questo è un servizio gratuito, perché non ci si aspetta nulla in cambio. In questo l'umiltà si rivela come la sorella gemella della carità, come un aspetto di quella agape, di cui S. Paolo tesse l'elogio nel capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi. Quando l'Apostolo dice che la carità "non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto ...", intende dire che la carità è umile e l'umiltà è caritatevole.

Essere umile secondo il modello di Gesù significa dunque spendersi gratuitamente, non vivere solo per se stessi (cfr. 2 Cor 5,15). Quando noi cerchiamo il plauso, i riconoscimenti, manchiamo di umiltà perché rompiamo la gratuità. In quel momento stiamo ricercando la nostra ricompensa. lo posso andare in un posto a parlare e tornare a casa con una duplice ricompensa: o in soldi, o in compiacenza di me stesso. In tutti e due i casi Gesù mi dice: Hai ricevuto la tua ricompensa.

Umiltà e sobrietà

In noi, quasi mai l'umiltà è questa cosa così limpida e pura, cioè abbassarsi a servire per amore. Essa comporta sempre anche qualcosa di negativo, cioè un rinnegarsi, uno sconfessare ciò che c'è di distorto nelle nostre intenzioni e nelle nostre azioni. Un discendere da noi stessi, prima che andare verso gli altri. Quando è Gesù che "scende", lo fa da un'altezza reale, oggettiva, perché è il Santo di Dio (cfr. Gv 6,69). Quando invece siamo noi uomini a "scendere", non ci abbassiamo da un'altezza reale, vera, ma da una pseudo-altezza, da una altezza falsa; ci abbassiamo da un'altezza alla quale ci siamo indebitamente innalzati con l'orgoglio, con la vanità, con l'ira... In noi perciò l'umiltà è sempre anche una virtù "negativa", che serve a rinnegare qualcosa di cattivo che c'è in noi per cui tendiamo a elevarci al di sopra del prossimo.

In questo senso si dice giustamente che l'umiltà è verità. E' ripristinare la verità circa noi stessi, è riconoscere che il nostro posto non è stare sopra gli altri, ma sotto. S. Teresa d'Avila ha scritto: "Mi chiedevo una volta perché il Signore ama tanto l'umiltà, e mi venne in mente d'improvviso, senza alcuna mia riflessione, che ciò deve essere perché egli è somma Verità e l'umiltà è verità". Anche S. Paolo parla in questi termini dell'umiltà quando dice: "Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso" (Gal 6,3). Per l'Apostolo, si potrebbe dire che l'umiltà è soprattutto sobrietà spirituale, cioè un sentire in modo sobrio, sano, non eccessivo, non esaltato, di se stessi. Dice: "Non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione" (Rm 12,3). Nell'originale greco, la frase suona: "Valutatevi in modo sobrio". Poco dopo insiste dicendo: "Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi" (Rm 12,16).

Quest'umiltà-sobrietà consiste dunque in un sano realismo che ci permette di essere nella verità dinanzi a Dio. Noi non perseguiamo una verità astratta, non vogliamo essere come lo psicanalista che cerca di portare l'uomo alla verità su di sé, in modo che egli si liberi dai suoi complessi. Noi perseguiamo un'altra verità; la verità che cerchiamo è quella che permette di essere veri davanti a Dio, prima ancora che davanti a se stessi e agli altri, anche se queste cose ne derivano di conseguenza. t scritto di Dio che egli è buono e generoso con l'uomo sincero, ma diventa l'astuto" con il perverso, cioè con chi ha il cuore menzognero (cfr. Sal 18,27). Una cosa Dio esige sopra tutte da chi si accosta a lui: 1a sincerità del cuore" (cfr. Sal 5 1,8)

L'umiltà di Dio

Dicevo che l'umiltà presenta in noi degli aspetti negativi, di rinnegamento, di sacrificio, di croce, proprio perché noi siamo peccatori e abbiamo bisogno di togliere il male che c'è in ogni nostra azione. Ma se è cosi, dove trovare quell'umiltà allo stato puro che non finirà neppure con la morte e che non dice alcuna relazione con il peccato?

La prima risposta che viene spontanea alle labbra è: in Gesù di Nazareth! Ma, a pensarci bene, dobbiamo dire che neppure in lui si trova quell'umiltà allo stato puro, senza alcuna relazione con il peccato. E' vero infatti che Gesù è l'uomo senza peccato, innocente e santo; è vero che non aveva peccati propri, tuttavia aveva preso su di sé i peccati degli altri uomini e davanti a Dio figurava come "il peccato". Anche in Gesù, dunque, il suo umiliarsi facendosi obbediente fino alla morte presenta un aspetto di espiazione, cioè di riferimento al peccato. Solo nella seconda venuta, alla fine dei tempi - dice l'epistola agli Ebrei - egli verrà senza più alcuna relazione con il peccato (cfr. Eb 9,28).

Allora - insisto - dove troviamo l'umiltà allo stato puro, quel puro e gratuito abbassarsi a servire per amore? Abbiamo bisogno di arrivare a toccare questo fondamento perché da esso la virtù dell'umiltà trae tutta la sua forza e il suo fascino. La troviamo in Dio, nella Trinità!

C'è una preghiera di S. Francesco d'Assisi, sicuramente autentica (si conserva in Assisi, nella basilica del Santo, scritta di suo pugno); in questa preghiera intitolata "Laudi di Dio Altissimo", il Poverello intreccia una lode magnifica del Dio Uno e Trino, dicendo tra l'altro: "Tu sei carità, tu sei sapienza, tu sei umiltà, tu sei pazienza, tu sei bellezza, tu sei sicurezza, tu sei giustizia, tu sei temperanza Quando lessi la prima volta quell'espressione: "Tu sei umiltà", dissi fra me: "Padre mio S. Francesco, qui non ti capisco più! Forse ti sei lasciato prendere la mano; stavi facendo un elenco delle virtù che si trovano in Dio e vi hai messo dentro anche l'umiltà, senza pensare che l'umiltà è una virtù che non può trovarsi nella Trinità che è tutta
gloria, santità, splendore". Ma sbagliavo io! Il Santo aveva ragione. Anzi egli ci ha dato, con quelle parole, una delle definizioni più delicate e più sublimi di Dio: Dio è umiltà!

Se umiltà significa scendere da se stessi per amore, Dio è umiltà perché, dalla posizione in cui si trova, non può far altro che scendere; sopra di lui non c'è nulla, perciò egli non può salire, innalzarsi. Quando fa qualcosa "fuori di sé" (ad extra), Dio non può che "abbassarsi", umiliarsi. Ed è quello che ha sempre fatto dalla creazione del mondo. La storia della salvezza non è che la storia delle successive "umiliazioni" di Dio. Così la vede infatti S. Francesco: "Ecco - scrive - ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno discende dal seno del Padre sopra l'altare" (FF n. 144); e parlando dell'eucaristia esclama: "Guardate, frati, l'umiltà di Dio!" (FF n. 221).

In seguito, mi sono accorto che questa era stata già un'idea familiare ai Padri della Chiesa. Essi parlavano della synkatábasis di Dio, parola che, tradotta, vuol dire "condiscendenza", cioè farsi piccolo per potersi accostare all'uomo e scendere al suo livello. S. Giovanni Crisostomo - a cui tale termine era particolarmente caro - dice che già la creazione è un atto della condiscendenza di Dio; che la rivelazione biblica - il fatto che Dio si adatti a balbettare il linguaggio umano - è un atto della condiscendenza di Dio; tale è pure e soprattutto l'Incarnazione.

Ma anche la Pentecoste che stiamo celebrando è un atto di umiltà di Dio. Perché parliamo di "discesa" dello Spirito Santo, se non per lo stesso motivo, e cioè che ogni intervento di Dio a favore dell'uomo è una condiscendenza, un umiliarsi? Nel caso della Pentecoste, lo Spirito Santo si abbassa, assumendo dei poveri segni come sono il fuoco, il vento, le lingue. Si abbassa ad abitare in povere creature di carne facendone il suo tempio.

(Soffermiamoci un istante in preghiera su questa scoperta; ringraziamo il Signore perché ha voluto "uscire" da se stesso per amore nostro, dandoci un meraviglioso esempio di umiltà).

Dopo ciò ho capito perché S. Francesco, nel "Cantico delle creature", scrive: "Laudato si', mi' Signore, per sora aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta". Uacqua è umile perché, come Dio, dalla posizione in cui si trova non sale mai, ma sempre scende, scende, fino a raggiungere il punto più basso; tende sempre ad occupare l'ultimo posto.

Dio è umiltà: che cosa abbiamo scoperto con ciò? Solo un'idea teologica in più? No, abbiamo scoperto il vero motivo per cui dobbiamo essere umili. Noi dobbiamo essere umili per essere figli del Padre nostro, per "riprendere" dal nostro legittimo Padre. Perché se non siamo umili, noi non riprendiamo dal Padre nostro che è nei cieli, ma da un altro padre ben diverso. Chi è, nell'universo, colui che ha come suo movimento proprio il salire, il dare la scalata? Chi è colui che dice: "Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il mio trono... mi farò uguale all'Altissimo?" (Is 14,13-14). Non lo nominiamo neppure, per non fargli questo onore nel giorno di Pentecoste, tanto sappiamo bene di chi si tratta. Bisogna dunque essere umili per riprendere dal Padre nostro, altrimenti Gesù deve dire anche a noi quello che diceva ai farisei che si credevano figli di Abramo: '"Voi fate le opere di un padre che non è Abramo..." (cfr. Gv 8,38ss).

Umili con chi? L'esercizio dell'umiltà

Adesso possiamo porci la domanda iniziale: "Che cos'è l'umiltà", ma da un altro punto di vista, molto più profondo. L'umiltà è un atteggiamento verso noi stessi, verso gli altri, o verso Dio? Anni addietro, feci una meditazione sull'umiltà in cui sostenevo che essa non è un atteggiamento verso se stessi o verso gli altri, ma solo verso Dio. Adesso devo correggermi: l'umiltà è tutto questo insieme: è un modo di stare davanti a sé, davanti agli altri e davanti a Dio, pur rimanendo qualcosa di profondamente unitario.

Ho detto sopra che l'umiltà è sorella gemella della carità; come la carità si esprime in due atteggiamenti legati intimamente tra di loro: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore e il prossimo tuo come te stesso", così è dell'umiltà. L'umiltà vera consiste nell'essere umili con Dio e umili con il prossimo: le due cose insieme. Non si può essere umili dinanzi a Dio, nella preghiera, se non lo si è con i fratelli. Essere umili davanti a Dio significa essere bambini, essere gli anawin biblici, cioè i poveri che non hanno nessuno su cui appoggiarsi se non Dio solo; significa non confidare né nei carri né nei cavalli, né sulla propria intelligenza, né sulla propria giustizia. E tutto questo va benissimo. Ma se tu non sei umile con il fratello che vedi, come puoi dire di essere umile con Dio che non vedi? Se tu non lavi i piedi al fratello che vedi, cosa significa il tuo voler lavare i piedi a Dio che non vedi? I piedi di Dio sono i tuoi fratelli! Come si vede, si possono dire dell'umiltà le medesime cose che Giovanni dice della carità (cfr. I Gv 4,20).

Ci sono persone (io sono certamente tra queste), le quali sono capaci di dire di se stesse tutto il male possibile e immaginabile; che, in preghiera, fanno delle autoaccuse di una schiettezza e di un coraggio ammirevoli. Dunque, sono umili davanti a Dio e verso se stessi. Ma appena un fratello accenna a prendere sul serio le loro confessioni, o si azzarda a dire, di essi, una piccola parte di quello che si son detti da soli, sono scintille! Non era vera umiltà la loro. Il vero umile è colui che si guarda in Dio, in lui scopre ciò che è, e poi trasfonde questa verità nel rapporto con i fratelli.

L'umiltà che stiamo scoprendo è un bene che scende dal cielo; essa è quel "dono perfetto che viene dall'alto e discende dal Padre della luce" (cfr. Ge 1, l 7). Non è una pianta che spunta naturalmente sulla nostra terra; il mondo non la conosce. Questa è la sapienza dei Vangelo che confonde la sapienza del mondo. Su questo terreno le due sapienze si scontrano frontalmente, tanto che S. Paolo può dire: "Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente; perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio" (1Cor 3,18ss).

Lo vediamo chiaramente intorno a noi: il mondo, invece di coltivare l'umiltà, esalta l'orgoglio; quando si vuol fare un comiplimento a qualcuno, si dice che "ha dell'orgoglio". Il mondo è strutturato sul valore dell'arrivismo, del fare carriera, cioè salire più in alto nella scala sociale. Dalla scuola in su, che cosa si inculca ai giovani se non di fare carriera, di affermarsi al di sopra degli altri, di primeggiare?

Il modo di pensare di Gesù è semplicemente diverso di novanta gradi. E tuttavia bisogna non cadere in errore. A che cosa mira l'umiltà evangelica? Forse a creare una comunità di rassegnati, di gente inerte, priva di slancio, che non traffica i talenti? Assolutamente no! Il filosofo che affermava questo (Nietzsche), non aveva capito niente del Vangelo. L'umiltà evangelica non significa che tu non devi trafficare i talenti ricevuti; al contrario. La differenza rispetto al mondo è che questi tuoi talenti tu non li impieghi solamente per te stesso, per porti al di sopra degli altri e dominarli, ma li impieghi per il servizio degli altri; non per essere servito, ma per servire,

Umiltà nel matrimonio

Vorrei ora accennare ad alcuni ambiti particolari in cui l'umiltà si rivela particolarmente necessaria. Anzitutto quello della famiglia: come e perché essere umili nel matrimonio.

lo dico che l'urniltà è stata inventata da Dio anche per salvare i matrimoni. Il matrimonio, inteso come l'amore tra l'uomo e la donna, nasce dall'umiltà. Innamorarsi di un'altra persona - quando si tratta di un vero fatto di innamoramento - è il più radicale atto di umiltà che si possa immaginare. Significa andare da un altro e dirgli: lo non mi basto, io non sono sufficiente a me stesso; ho bisogno del tuo essere. E' come stendere la mano e chiedere in elemosina a un'altra creatura un po' del suo essere. Ripeto: è l'atto di umiltà più radicale. Dio ha creato l'uomo bisognoso, mendicante; ha inscritto l'umiltà nella sua stessa carne, quando li ha creati maschio e femmina, cioè incompleti. Ne ha fatto, fin dall'origine, due esseri in movimento, in ricerca l'uno dell'altro, "insoddisfatti" ognuno di se stesso. Ha posto così la creatura umana come su un piano inclinato verso l'alto, non verso il basso, perché l'unione doveva elevarlo dall'altro sesso, all'Altro per eccellenza che è Dio stesso.

Dunque, il matrimonio nasce dall'umiltà, e se nasce dall'umiltà della condizione umana non può sopravvivere che nell'umiltà. S. Paolo diceva ai coniugi cristiani: "Rivestitevi... di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri" (Col 3,12ss). L'umiltà e il perdono sono come il lubrificante che permette, giorno per giorno, di sciogliere ogni principio di ruggine, di abbattere i piccoli muri di incomprensione e di risentimento, prima che diventino grandi muri che non si possono più abbattere. Gli sposi devono vigilare a che 1`altro padre", quello spurio, non instauri tra di loro la logica della ripicca, della rivincita... Non bisogna dare ascolto alla voce che grida dentro: Perché devo essere sempre io a cedere, a umiliarmi? Cedere non è perdere, ma vincere, vincere il vero nemico dell'amore che è il nostro egoismo, il nostro "io".

Umiltà nel Rinnovamento

Il Rinnovamento ha bisogno di famiglie rinnovate e le famiglie, abbiamo visto, si rinnovano anche con l'umiltà. à l'amore, certo, che rinnova le famiglie, ma è l'umiltà che rende possibile l'amore.

Ma in questa circostanza, devo dire una parola anche a proposito dell'umiltà nel "Rinnovamento". Se il Rinnovamento, come è stato detto molto giustamente, è "restituire il potere a Dio", allora Si capisce quanto l'umiltà sia urgente nel Rinnovamento nello spirito. L'umiltà è ciò che preserva il Rinnovamento dallo sciuparsi in cosa umana. Bisogna che periodicamente noi rimettiamo il, potere nelle mani di Dio, e questo si fa con l'umiltà. Bisogna che impariamo a dire, con l'Apocalisse e con la liturgia della Chiesa: "Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli!".

Ogni volta che dimentichiamo questo e facciamo centro sulle persone, sono disastri, come a Corinto. I nostri incontri di preghiera talvolta soffrono di questo: non c'è abbastanza pulizia di tutto l'elemento umano. L'umiltà nel Rinnovamento è importante quanto è importante l'isolante nell'elettricità. Più alta è la tensione della corrente che passa in un filo, più deve essere spesso ed efficiente l'isolante; altrimenti: corto circuito! Ricordo vagamente le nozioni che ci inculcava, a questo proposito, il mio vecchio professore di fisica al liceo: "L'isolante - diceva - è una materia inerte e vile, ma è assolutamente indispensabile, come lo sono i fili di rame che trasportano la corrente. Questi servono a trasportare la corrente, quello a non disperderla. I progressi che si fanno nella tecnica della conduzione dell'elettricità devono sempre essere accompagnati da un proporzionato progresso nella tecnica dell'isolamento. Altrimenti, corto circuito!".

In particolare, l'umiltà deve risplendere negli animatori e in chi svolge qualche ministero, come me in questo momento. Bisogna che ci lasciamo contestare senza reagire subito come chi si sente offeso, bisogna che ci lasciamo ammonire e correggere dai fratelli; bisogna che ci lasciamo sostituire e, anzi, che preveniamo in ciò i responsabili, senza che debbano dircelo più volte prima che capiamo.

Una tentazione possibile nel Rinnovamento è quella di volersi sempre trovare in quel punto preciso dove, secondo noi, "passa" la corrente dello Spirito, essere sempre nell'occhio del ciclone, cioè, fuori metafora, là dove c'è la persona più famosa, il gruppo più dotato... Se il Signore ci fa capire queste cose è perché ci vuole liberare da esse. E' bene voler essere nel punto dove agisce lo Spirito di Dio; solo che il punto dove agisce lo Spirito non è dove c'è la persona più in vista, perché lo Spirito di Dio è di preferenza nel nascondimento. Se dunque noi vogliamo essere veramente nell'occhio del ciclone dello Spirito, corriamo a occupare l'ultimo posto. Lì, lo Spirito trovò Maria e la riempì della sua potenza.

Il Rinnovamento ha bisogno di vocazioni al nascondimento. Chi oggi sente per sé questa vocazione, dica subito il suo "si", insieme con Maria. Bisogna che ci lasciamo tutti strappare a fatica dall'ultimo posto; i fratelli devono incontrare resistenza a tirarci via dal l'ultimo posto, non dal primo.

Occorre poi umiltà anche nei rapporti tra noi del Rinnovamento e i fratelli che servono il Signore in altri gruppi e realtà ecclesiali. Mai una mentalità da "eletti", che sciupa tutto. Non sentiamoci "carismatici", nel senso di persone dotate di particolari poteri, di trascinatori, ma solo nel senso di servitori dello Spirito.

Abbiamo ricercato la radice dell'umiltà e l'abbiamo scoperta in Dio; abbiamo considerato il suo tronco, i rami; adesso cerchiamo di coglierne i frutti. I frutti dell'umiltà sono tantissimi, e uno più squisito dell'altro, ma a me piace soffermarmi su questi due soli frutti: l'umiltà attira la compiacenza di Dio, l'umiltà ci riconcilia con i fratelli.

L'umile è guardato da Dio con occhio di padre, con tenerezza e simpatia. Il profeta Isaia ci fa seguire lo sguardo di Dio che si volge qua e là per l'universo in cerca di un posto dove posarsi, e non lo trova perché tutto è suo, tutto è uscito dalle sue mani; finché trova un "cuore contrito e umiliato" e in esso si riposa (cfr. Is 66.2). E' scritto:"Eccelso è il Signore e guarda verso l'umile, ma al superbo volge lo sguardo da lontano" (Sal 138,6). Come il Signore, dalla posizione in cui è, non può salire sopra di sé, così, si direbbe, non può guardare sopra di sé; come non può che scendere, così non può che guardare in basso. "Se tu ti innalzi, egli si allontana da te, se invece ti abbassi, egli si inchina verso di te" (S. Agostino, Ser. 21,2). Per questo Maria dice: "Ha guardato l'umiltà della sua serva " (Lc 1,48).

L'altro frutto, dicevo, riguarda i fratelli. L'umiltà conquista gli uomini. à una cosa curiosa: il mondo non coltiva l'umiltà, gli uomini in genere non sono umili; tuttavia sanno riconoscere a prima vista chi è umile e non sanno resistere all'umile. Non c'è difesa, né del Rinnovamento, né della Chiesa, che valga tanto quanto un atto di vera umiltà.

Termino recitando con voi il Salmo 131 che canta proprio i frutti dell' umiltà:

"Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze (la sobrietà!), lo sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia ".
 

«Se manca l'amore di Dio la famiglia perde l'armonia»


 

Oltre centomila persone alla Messa in Piazza San Pietro presieduta dal Papa nella Giornata della Famiglia in occasione dell’Anno della Fede. Papa Francesco nell’omelia ha sottolineato che le Letture di questa 30.ma domenica del tempo ordinario “ci invitano a meditare su alcune caratteristiche fondamentali della famiglia cristiana”.

La prima è la famiglia che prega. “Il brano del Vangelo – ha affermato - mette in evidenza due modi di pregare, uno falso – quello del fariseo – e l’altro autentico – quello del pubblicano. Il fariseo incarna un atteggiamento che non esprime il rendimento di grazie a Dio per i suoi benefici e la sua misericordia, ma piuttosto soddisfazione di sé. Il fariseo si sente giusto, si sente a posto, si pavoneggia di questo, e giudica gli altri dall’alto del suo piedestallo. Il pubblicano, al contrario, non moltiplica le parole. La sua preghiera è umile sobria, pervasa dalla consapevolezza della propria indegnità, delle proprie miserie: quest’uomo davvero si riconosce bisognoso del perdono di Dio, della misericordia di Dio. Quella del pubblicano è la preghiera del povero, è la preghiera gradita a Dio che, come dice la prima Lettura, «arriva fino alle nubi» (Sir 35,20), mentre quella del fariseo è appesantita dalla zavorra della vanità".

Il Papa ha quindi proseguito: "Alla luce di questa Parola, vorrei chiedere a voi, care famiglie: pregate qualche volta in famiglia? Qualcuno sì, lo so. Ma tanti mi dicono: ma come si fa?, Ma si fa come il pubblicano, è chiaro, umilmente davanti a Dio.Ognuno con umiltà si lascia guardare dal Signore e chiede la sua bontà che venga a noi. Ma in famiglia come si fa? Perché semmbra che la preghiera è una cosa personale, e poi non c’è mai un momento adatto, tranquillo in famiglia… Sì, è vero, ma è anche questione di umiltà, di riconoscere che abbiamo bisogno di Dio, come il pubblicano! E tutte le famiglia hanno bisogno di Dio. Tutti, tutti. Bisogno del suo aiuto, della sua forza, della sua benedizione, della sua misericordia, del suo perdono. E ci vuole semplicità! Per pregare in famiglia ci vuole semplicità. Pregare insieme il “Padre nostro”, intorno alla tavola, non è una cosa straordinaria, è facile, dà tanta forza! E anche pregare l’uno per l’altro! Il marito per la moglie, la moglie per il marito, ambedue per i figli, i figli per i genitori, per i nonni … Pregare l’uno per l’altro. Questo è pregare in famiglia, e questo fa forte la famiglia: la preghiera.

“La seconda Lettura – ha aggiunto - ci suggerisce un altro spunto: la famiglia custodisce la fede.
L’apostolo Paolo, al tramonto della sua vita, fa un bilancio fondamentale, e dice: «Ho conservato la fede» (2 Tm 4,7). Ma come l’ha conservata? Non in una cassaforte! Non l’ha nascosta sottoterra, come quel servo un po’ pigro. San Paolo paragona la sua vita a una battaglia e a una corsa. Ha conservato la fede perché non si è limitato a difenderla, ma l’ha annunciata, irradiata, l’ha portata lontano. Si è opposto decisamente a quanti volevano conservare, “imbalsamare” il messaggio di Cristo nei confini della Palestina. Per questo ha fatto scelte coraggiose, è andato in territori ostili, si è lasciato provocare dai lontani, da culture diverse, ha parlato francamente senza paura. San Paolo ha conservato la fede perché, come l’aveva ricevuta, l’ha donata, spingendosi nelle periferie, senza arroccarsi su posizioni difensive”.

“Anche qui – ha sottolineato il Papa - ci possiamo chiedere: in che modo noi, in famiglia, custodiamo la nostra fede? La teniamo per noi, nella nostra famiglia, come un bene privato, come un conto in banca, o sappiamo condividerla con la testimonianza, con l’accoglienza, con l’apertura agli altri? Tutti sappiamo che le famiglie, specialmente quelle giovani, sono spesso “di corsa”, molto affaccendate; ma qualche volta ci pensate che questa “corsa” può essere anche la corsa della fede? Le famiglie cristiane sono famiglie missionarie.

Ma, ieri abbiamo sentito, qui in piazza, la testimonianza di famiglie missionarie. Sono missionarie anche nella vita di ogni giorno, facendo le cose di tutti i giorni, mettendo in tutto il sale e il lievito della fede! Conservare la fede in famiglie e mettere il sale e il lievito della fede nelle cose di tutti i giorni”. Papa Francesco ha poi affrontato un ultimo aspetto che si ricava dalla Parola di Dio: “la famiglia che vive la gioia. Nel Salmo responsoriale si trova questa espressione: «i poveri ascoltino e si rallegrino» (33/34,3). Tutto questo Salmo è un inno al Signore, sorgente di gioia e di pace. E qual è il motivo di questo rallegrarsi? E’ questo: il Signore è vicino, ascolta il grido degli umili e li libera dal male. Lo scriveva ancora san Paolo: «Siate sempre lieti … il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). Eh … a me piacerebbe fare una domanda, oggi. Ma, ognuno la porta nel suo cuore, a casa sua, eh?, come un compito da fare. E si risponde da solo. Come va la gioia, a casa tua? Come va la gioia nella tua famiglia? Eh, voi date la risposta”.

“Care famiglie – ha proseguito il Papa - voi lo sapete bene: la gioia vera che si gusta nella famiglia non è qualcosa di superficiale, non viene dalle cose, dalle circostanze favorevoli… La gioia vera viene da un’armonia profonda tra le persone, che tutti sentono nel cuore, e che ci fa sentire la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita. Ma alla base di questo sentimento di gioia profonda c’è la presenza di Dio, la presenza di Dio nella famiglia, c’è il suo amore accogliente, misericordioso, rispettoso verso tutti. E soprattutto, un amore paziente: la pazienza è una virtù di Dio e ci insegna, in famiglia, ad avere questo amore paziente, l’uno con l’altro. Avere pazienza tra di noi. Amore paziente”.

Solo Dio sa creare l’armonia delle differenze. Se manca l’amore di Dio, anche la famiglia perde l’armonia, prevalgono gli individualismi, e si spegne la gioia. Invece la famiglia che vive la gioia della fede la comunica spontaneamente, è sale della terra e luce del mondo, è lievito per tutta la società. Famiglie gioiose”.
Quindi ha concluso: “Care famiglie, vivete sempre con fede e semplicità, come la santa Famiglia di Nazaret. La gioia e la pace del Signore siano sempre con voi!”.

Il Papa all’Angelus ha salutato tutti i pellegrini, “specialmente voi, care famiglie, – ha detto - venute da tanti Paesi. Grazie di cuore! Rivolgo un cordiale saluto ai Vescovi e ai fedeli della Guinea Equatoriale, qui convenuti in occasione della ratifica dell’Accordo con la Santa Sede. La Vergine Immacolata protegga il vostro amato popolo e vi ottenga di progredire sulla via della concordia e della giustizia. Adesso pregheremo insieme l’Angelus. Con questa preghiera invochiamo la protezione materna di Maria, nostra Madre, per le famiglie del mondo intero, in modo particolare per quelle che vivono situazioni di maggiore difficoltà.

Maria ci libera dalla schiavitù



Il Papa all'Angelus parla del sì della Madre di Gesù e dello sguardo di Dio che si posa, con amore, su ogni donna e su ogni uomo

Dio ci guarda, guarda ognuno di noi con amore. In una piazza San Pietro già addobbata per il Natale, con il grande albero proveniente dalla Baviera e il presepe napoletano in preparazione intitolato "Francesco 1223-Francesco 2013", il Papa festeggia il giorno dell'Immacolata. «Il nostro sguardo», dice, «è attratto dalla bellezza della Madre di Gesù, la nostra Madre! Con grande gioia la Chiesa la contempla "piena di grazia", così come Dio l’ha guardata fin dal primo istante nel suo disegno d’amore. Maria ci sostiene nel nostro cammino verso il Natale, perché ci insegna come vivere questo tempo di Avvento nell’attesa del Signore».
«Il Vangelo di san Luca», dice papa Francesco, «ci presenta una ragazza di Nazareth, piccola località della Galilea, nella periferia dell’impero romano e anche nella periferia di Israele. Eppure su di lei, su quella ragazza di un paesino lontano, si è posato lo sguardo del Signore, che l’ha prescelta per essere madre del suo Figlio. In vista di questa maternità, Maria è stata preservata dal peccato originale, cioè da quella frattura nella comunione con Dio, con gli altri e con il creato che ferisce in profondità ogni essere umano. Ma questa frattura è stata sanata in anticipo nella Madre di Colui che è venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato. L’Immacolata è inscritta nel disegno di Dio; è frutto dell’amore di Dio che salva il mondo».
Un amore che non ci lascia esclusi. Anzi. «Il mistero di questa ragazza di Nazareth, che è nel cuore di Dio, non ci è estraneo», sottolinea il Papa. «Non è lei là e noi qui, siamo collegati, infatti Dio posa il suo sguardo d’amore su ogni uomo e ogni donna con nome e cognome. Il suo sguardo d'amore è su ognuno di noi».
Dio ha «un progetto d’amore che Dio rinnova ogni volta che noi ci accostiamo a Lui, specialmente nei Sacramenti. In questa festa, allora, contemplando la nostra Madre Immacolata, bella, riconosciamo anche il nostro destino più vero, la nostra vocazione più profonda: essere amati, essere trasformati dall’amore, essere trasformati dalla bellezza di Dio. Guardiamo lei, nostra Madre, e lasciamoci guardare da lei perché è la nostra Madre che ci ama tanto; lasciamoci guardare da lei per imparare a essere più umili, e anche più coraggiosi nel seguire la Parola di Dio; per accogliere il tenero abbraccio del suo Figlio Gesù, un abbraccio che ci dà vita, speranza e pace».
Infine il Papa ricorda l'atto di devozione che compirà in
piazza di Spagna, come è consuetudine ogni 8 dicembre, e in Santa Maria Maggiore per pregare per tutti, in special modo per la città di Roma e porre tutti sotto la protezione di Maria.

IMU, il giallo s'infittisce. In rivolta i sindaci


Immagine IMU, il giallo s'infittisce. In rivolta i sindaci

Sull'IMU serve chiarezza.
L'abolizione della seconda rata sulla prima casa decisa mercoledì dal Consiglio dei ministri (CdM) sembra aver creato ancora più dubbi sulla tanto odiata tassa. Il CdM, infatti, ha stabilito che solo metà dell'IMU destinata alle casse dei comuni che hanno alzato l'aliquota oltre i livelli standard sarà coperta dallo Stato mentre l'altra metà sarà a carico dei cittadini che dovranno pagarla a gennaio. Sul piede di guerra gli oltre 600 sindaci che si trovano coinvolti in questa situazione, con l'Anci - Associazione nazionale dei comuni italiani - che chiede al governo di fare “rapidamente chiarezza sulla seconda rata dell'IMU 2013 e onori gli impegni assunti con i contribuenti e i Comuni italiani”. Proprio ieri l'associazione aveva parlato di un'abolizione beffa per 5 milioni di italiani, con molti di questi che potrebbero addirittura trovarsi a pagare di più rispetto al 2012. Il conto potrebbe essere salato soprattutto per coloro che non hanno figli e che possiedono una casa con un valore basso della rendita catastale, a causa della mancanza di detrazioni e dell'innalzamento delle aliquote. In poche parole un bilocale a Milano dal valore catastale di 90 mila euro, che nel 2012 pagava 160 euro, per il 2013 costerà 180 euro. La Uil parla invece di una mini-stangata in media da 42 euro a famiglia. Preoccupato anche il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. L'esecutivo “che giustamente ha deciso l'abolizione IMU, deve garantire ora la totale copertura finanziaria di questa operazione, perché si tratta di un fondamentale principio di contabilità finanziaria oltre che di una fondamentale questione di giustizia”.

Manovra, mini-stangata in arrivo sui risparmi aumenta il bollo sui conti titoli e vincolati


Immagine Manovra, mini-stangata in arrivo sui risparmi
aumenta il bollo sui conti titoli e vincolati


di Andrea Bassi 
 
 A furia di ritoccarla continuamente verso l’alto, la mini-patrimoniale sul risparmio introdotta dal governo di Mario Monti rischia di non potersi più definire tale.

Già nel passaggio al Senato della legge di Stabilità, l’imposta di bollo sui conti titoli e sui conti deposito (quelli in cui la somma viene vincolata) era stata portata dall’1,5 per mille al 2 per mille. Una misura che ha permesso al governo di recuperare 500 milioni di euro da destinare al finanziamento, tra le altre cose, del cuneo fiscale.

Adesso tra gli emendamenti depositati dal gruppo del Pd, che alla Camera ha la maggioranza assoluta, ne è spuntato uno firmato da tutto il gruppo presente in Commissione bilancio e che propone di aumentare al 2,5 per mille il prelievo sul risparmio finanziario. Per rendere più progressiva l’imposta, lo stesso emendamento prevede di eliminare il tetto minimo attualmente fissato a 34,20 euro e quello massimo che oggi è a 4.500 euro. Questo significa, per esempio, che su un deposito di 10.000 euro si risparmierebbero 9,20 euro, visto che la tassa scenderebbe da 34,20 euro a 25 euro.Viceversa, su un patrimonio più consistente, per esempio di 1 milione di euro, l’aggravio sarebbe di mille euro (si veda anche tabella in pagina). Per i depositi e gli investimenti delle società, invece, la proposta di emendamento del Partito Democratico propone comunque un tetto massimo di 10 mila euro all’imposta.

LA STRETTA FISCALE
In soli due anni, dal decreto «Salva-Italia» di Mario Monti, il prelievo fiscale sul risparmio ha prodotto un gettito quasi doppio per le casse dello Stato. Si è passati da meno di 7 miliardi di gettito del 2011 ai quasi 13 miliardi del 2012. Nel 2013, solo nei primi nove mesi dell’anno, gli incassi pubblici hanno già pareggiato quelli dell’anno scorso. Ad incidere non è stato solo l’aumento per quest’anno dell’imposta da bollo sui conti titoli e sui conti vincolati passata dall’1 all’1,5 per mille, ma anche l’entrata a regime del prelievo sui capital gain, i guadagni di Borsa, portato al 20%. In molte proposte emendative presentate in Commissione bilancio alla Camera, si prevede un ulteriore ritocco anche di questa aliquota in una misura che oscilla tra il 22% e il 23%. Sempre nel passaggio a Montecitorio il Partito Democratico punta anche ad inserita un altro cavallo di battaglia, la Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie. L’idea è quella sì di alleggerire la tassa, portandola allo 0,01% dall’attuale 0,2%, ma allargando la base imponibile.

Insomma, nessun derivato e nessuna transazione si salverebbe più dal prelievo. E ad essere colpito sarebbe anche il cosiddetto «high frequency trading», gli ordini di Borsa generati da algoritmi che emettono ordini e li annullano in pochi decimi di secondo, e che negli ultimi tempi hanno creato repentini crolli dei mercati. Sempre al capitolo «tasse», va inserita anche la «web tax». A farne un cavallo di battaglia sono stati il deputato Pd Ernesto Carbone e il presidente della Commissione bilancio Francesco Boccia. La proposta è quella di obbligare Google e gli altri giganti del web ad aprire una partita Iva in Italia per fatturare la pubblicità che raccolgono nel Paese, oltre a considerare qualsiasi impresa che raggiunga i computer degli utenti italiani tramite le reti fisse, mobili e satellitari, come un’impresa residente (fiscalmente) nel Paese.

Immacolata, per Papa Francesco doppio appuntamento ai piedi della Vergine


 

Doppio appuntamento ai piedi della Vergine, oggi, giorno dell'Immacolta, per papa Francesco. Nel pomeriggio, alle 16, sarà a Roma, in piazza di Spagna per il tradizionale atto di omaggio in occasione della festa dell'Immacolata Concezione.

Quindi, Bergoglio si recherà alla Basilica di Santa Maria Maggiore per un momento di preghiera davanti alla Salus Populi Romani, la Madonna venerata nella capitale. In piazza di Spagna, ad accogliere il Papa ci sarà il cardinale vicario Agostino Vallini; il sindaco di Roma Ignazio Marino; il presidente della Regione Nicola Zingaretti e i malati dell'Unitalsi. Ci dovrebbe essere anche una piccola sosta in via Condotti dove papa Francesco riceverà l'omaggio dall'Associazione dei commercianti. Le celebrazioni nel cuore della capitale sono iniziate già in mattinata e per consentire l'affluenza dei fedeli il centro della capitale è
“blindato”.

A piazza San Pietro. «Anche noi, da sempre, siamo stati scelti da Dio per vivere una vita santa, libera dal peccato», ha affermato papa Francesco all'Angelus, in una Piazza San Pietro affollatissima di fedeli nella festa dell'Immacolata Concezione. «È un progetto d'amore che Dio rinnova ogni volta che noi ci accostiamo a Lui, specialmente nei Sacramenti», ha detto il Pontefice. Il Papa, commentando i brani evangelici, ha dedicato il suo discorso alla figura di Maria, «la Madre di Gesù, la nostra Madre», invitando anche i fedeli a ripetere con lui tre volte l'appellativo «piena di grazia». Bergoglio ne ha parlato come di «una ragazza di Nazareth, piccola località della Galilea, nella periferia dell'impero romano e anche nella periferia di Israele», su cui però «si è posato lo sguardo del Signore, che l'ha prescelta per essere madre del suo Figlio». E illustrando in breve il dogma dell'Immacolata Concezione, ha spiegato: «In vista di questa maternità, Maria è stata preservata dal peccato originale, cioè da quella frattura nella comunione con Dio, con gli altri e con il creato che ferisce in profondità ogni essere umano». «Ma questa frattura - ha proseguito - è stata sanata in anticipo nella Madre di Colui che è venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato. L'Immacolata è inscritta nel disegno di Dio; è frutto dell'amore di Dio che salva il mondo». Secondo Bergoglio, «il mistero di questa ragazza di Nazareth, che è nel cuore di Dio, non ci è estraneo. Infatti Dio posa il suo sguardo d'amore su ogni uomo e ogni donna! Con nome e cognome. L'Apostolo Paolo afferma che Dio 'ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolatì».