giovedì 14 novembre 2013

I nostri soldati caduti per la PATRIA si ribellano

Il 4 novembre è la festa dei nostri "militi ignari"

Non furono intrepidi eroi, né fulgidi esempi di patriottismo, né fanti strappati alla vita contadina e operaia. Ma uomini inconsapevoli del loro destino. E della loro missione

Si chiamava Francesco, veniva dal sud, aveva vent'anni e una forte miopia. Non aveva uso di mondo e non conosceva l'uso delle armi, era gentile e remissivo, di buone maniere, educato a Roma nel collegio dei nobili ma vissuto nel paese natio, nel palazzo di famiglia, tra la campagna e la vita serena della provincia, al riparo dalla storia. 

Non aveva mai viaggiato e si trovò con una divisa addosso e un fucile tra le braccia, catapultato ai confini estremi del nord a combattere per la patria contro l'impero austroungarico nella prima guerra mondiale. Non tornò più a casa, risultò poi disperso sul Carso nel '17 e mai si trovò il suo corpo, i suoi genitori ne fecero una malattia. Fu uno dei tanti militi ignoti che dettero la vita, e non da volontari, per allargare i confini della patria. Andò in prima linea con l'aria di chi era capitato per pura sventura, con la nostalgia di casa, l'estraneità alla causa e l'incapacità di maneggiare fucili e mortai.
Sistemavo le carte di famiglia lasciate da mio padre, e mi sono imbattuto in un plico calloso e sformato, da cui fuorusciva una medaglia appesa a un logoro nastro tricolore e una croce di guerra col nastro azzurro. C'è pure una terza medaglia col nastro arcobaleno, come s'usa oggi per le bandiere della pace...

Ho scartato l'involucro, sciolto i nodi dell'oblio e ho trovato vergato da un inchiostro antico e da una doppia calligrafia rattrappita uno straziante carteggio di quasi cent'anni fa. Riguardava un suo fratello più grande, Francesco, partito per la Grande Guerra come altri due suoi fratelli, combattenti motivati, e suo padre anziano, nato prima dell'unità d'Italia. Ma lui è miope e cagionevole, non sa cosa sia combattere per le terre irredente. Francesco scrive una lettera a suo padre in cui narra i disagi, le sofferenze, le angherie che subisce. «Carissimo Padre, maledetto il giorno che arrivai qui»... Suo padre raccoglie la disperata richiesta di soccorso del figlio, chiede aiuto ai deputati locali ma i militari sul fronte non se li filano. Scrive allora al comando un accorato promemoria e decide di partire per il fronte per strappare suo figlio al destino di guerra e di morte.
«Sofferente di malattie come rilevasi dal certificato del medico, vedi l'elenco delle imperfezioni fisiche, ha otto diottrie... non ha mai avuto da quando è alle armi, cioè da più di due anni, un solo giorno di licenza... lo costringono a lavori ingrati, a trasportare balle... lo strapazzano inviandolo sempre di scorta e ora perfino al fronte... gli hanno fatto firmare che le ferite subite nella vita militare non sono avvenute mentre era in servizio... lui sempre obbediente a tutto e verso tutti... un colonnello gli ha tirato il naso facendoglielo sanguinare dicendogli: tu non vuoi fare il soldato, tu non vuoi andare in prima linea». Ma loro ce lo mandano e lui muore, da milite ignaro.
Non è una pagina epica di eroismo, nemmeno un esempio edificante di patriottismo, semmai un caso patetico di umanissima fragilità e inadeguatezza alla vita aspra delle trincee e del fronte. Ma è struggente per lo stridente contrasto tra l'oggettiva e inesorabile durezza del conflitto mondiale e la soggettiva e tenerissima dimensione affettiva, domestica e locale. È il tentativo disperato di un padre e una madre di salvare il loro figlio, tra suppliche e istanze per esonerarlo dall'evento cruciale, adducendo sofferenze varie e inattitudine alla vita, non solo militare... L'illusione di un padre, notabile nel suo paese, di poter interloquire con le gerarchie militari e muoverle a compassione, ponendo problemi umani troppo umani, o sperando che la vita disarmata a cui era stato educato suo figlio, le premure di una famiglia di provincia del profondissimo sud, possano trovare udienza sensibile nei vertici militari, in piena guerra.
Trovo nel plico raccolte con meticoloso dolore le foto spettrali del Carso, i luoghi dove Francesco perse la vita, e poi l'attestato solenne firmato dal re Vittorio Emanuele che Francesco è «Morto per la patria», con le citazioni di Foscolo e di Virgilio a fianco dell'Italia turrita e dell'angelo della morte che fregiano il diploma funebre. La prima guerra mondiale riuscì a essere più crudele della seconda, un terribile macello che unì l'Italia ma non partorì un mondo migliore. Da quella guerra, oltre a milioni di morti, uscirono infatti sanguinose rivoluzioni, regimi totalitari, odii ideologici, campagne sventrate, economie collassate, vite mandate allo sbaraglio a combattere contro un nemico ignoto. Furono per la prima volta coinvolte popolazioni civili con la leva obbligatoria, poi le fucilazioni per diserzione e insubordinazione, le ferite procurate per non andare a combattere... Questo risvolto terribile della Grande Guerra non cancella ma accresce l'ammirazione per gli eroi e gli interventisti, i volontari e i patrioti che offrirono la loro vita per la propria patria, per la propria civiltà. E non cancella l'abnegazione dei soldati italiani riconosciuta anche dal nemico e da scrittori stranieri come Trevelyan, Wells, Kipling (lo documenta Nicholas Farrell, coautore del libro Il compagno Mussolini). Ma quell'ondata solleva «gli strati più antichi dell'umanità» scrive Renato Serra caduto a Podgora: «Un movimento di popoli interi strappati alle loro radici... Il bene di quelli che restano non compensa il male abbandonato senza rimedio nell'eternità... una perdita cieca, un dolore, uno sperpero, una distruzione enorme e inutile».
Quella che ho raccontato non è la storia di intrepidi eroi, di gesta epiche, di caduti per la patria che credevano in quel che facevano. E non è nemmeno la storia, atroce anch'essa, di tanti poveri fanti strappati alla vita contadina e operaia delle loro contrade e mandati a morire per Trento e Trieste. È una storia ancora diversa, di uno scorcio periferico d'Italia travolto dal conflitto mondiale. È la tragica opposizione tra il mondo di ieri, come lo definì Stefan Zweig, quel secolo decimonono col suo garbo e le sue ottuse delicatezze, e il '900, secolo delle masse mobilitate, della guerra totale, dei coscritti, delle rivoluzioni. Due epoche contigue ma incomunicanti, separate da una linea di fuoco e di sangue. Ma la storia vive lo stridore di questi lampanti anacronismi, non è solo quel grandioso affresco di condottieri ed eventi, è anche l'ordito pietoso di tante vite oscure e sepolte.
C'è la storia come gloria e la storia come catastrofe del piccolo mondo antico. Ambedue si ritrovano, come il diritto e il rovescio, nell'epopea del IV novembre. Fratelli d'Italia, anche se riluttanti. Serra: «Dietro di me son tutti fratelli, anche se non li vedo e non li conosco bene».
I nostri caduti per la "PATRIA" si ribellano

Voglio Vivere

Basta con questi politici, mandiamoli tutti a casa

 Basta con questi politici, mandiamoli tutti a casa. La gente è al limite della sopportazione, la lettura dei giornali e l’ascolto dei notiziari fa crescere sconcerto e rabbia. Tra flashes. Il pd è talmente in confusione da dover bloccare il tesseramento per fare ordine. Se quello deve essere il partito chiamato a tirare fuori il paese dai guai stiamo freschi. Dall’altra parte non si capisce letteralmente cosa sia il pdl, cosa sia Forza Italia, cosa voglia fare il cavaliere (decade tra qualche giorno…forse) e cosa vogliano fare Alfano e i ministri. E’l'alternativa? Stiamo freschi due volte. Lo specchio della realtà è un’immagine del Parlamento, con il ministro Carrozza (istruzione) che spiega come guarirà la scuola davanti ad un’aula semideserta. I parlamentari presenti (cfr video) sono tutti al cellulare o alle prese con il tablet. Del resto anche i banchi del governo sono deserti. E’ talmente evidente che la politica si fa altrove. Ammesso che si faccia.

L'Italia che affonda

L'ITALIA CHE AFFONDA


L’Italia è in grave pericolo; la situazione sembra irreparabile e il declino non solo economico, ma soprattutto nel campo dell’innovazione, della ricerca scientifica, dell’università e della cultura pare ormai irreversibile. In una serie di “quadri” statistici incontrovertibili forniamo la documentazione dei sintomi e delle tappe di questo progressivo inabissamento, che avviene nella inconsapevolezza dei più e nella incoscienza di chi continua a ballare sulla tolda del Titanic, credendo che la festa non debba mai finire.

COSA DICE LA BIBBIA RIGUARDO AL SOLDATO

Che cosa dice la Bibbia riguardo a un cristiano che fa il servizio militare?

 



Risposta:
La Bibbia contiene una grande quantità di informazioni relative al servizio militare. Sebbene una grossa porzione di queste sia costituita solo da analogie, parecchi versetti hanno direttamente a che fare con questa domanda. No, la Bibbia non dice esplicitamente: “Farai il servizio militare”, né dice il contrario. Allo stesso tempo, i cristiani possono star certi che fare il soldato è altamente rispettato in tutta la Bibbia, e devono anche sapere che tale servizio è coerente con una visione biblica del mondo.

Il primo esempio di servizio militare si trova nell’Antico Testamento (Genesi 14), quando Lot, il nipote di Abraamo, fu rapito da Chedorlaomer, re di Elam, e dai suoi alleati. Abraamo radunò un esercito per andare in aiuto di Lot riunendo 318 uomini addestrati del suo casato, sconfiggendo le forze armate straniere.

Nella sua storia successiva, la nazione d’Israele sviluppò un esercito permanente. Sapere che Dio era il Guerriero Divino e che avrebbe protetto il Suo popolo a prescindere dalla loro forza militare sarà stato un motivo per cui Israele sviluppò lentamente un esercito. Lo sviluppo di un esercito regolare e permanente in Israele venne solo dopo che Saul, Davide e Salomone svilupparono un forte sistema politico centralizzato. Saul fu il primo a formare un esercito permanente (1 Samuele 13:2; 24:2; 26:2). Ciò nonostante, l’esercito doveva essere sostentato dal cibo e da altri approvvigionamenti provenienti dalle famiglie dei singoli soldati (1 Samuele 17:17-19).

Davide continuo ciò che aveva cominciato Saul. Incrementò l’esercito, prese al servizio delle truppe da altre regioni che erano fedeli soltanto a lui (2 Samuele 15:19-22) e affidò la diretta conduzione dei suoi eserciti a un comandante supremo (Ioab). Sotto Davide, Israele divenne anche più aggressivo nelle sue politiche militari offensive, assorbendo stati confinanti come Ammon (2 Samuele 11:1; 1 Cronache 20:1-3). Davide instaurò un sistema di truppe a rotazione con 12 gruppi di 24.000 uomini che prestavano servizio un mese all’anno (1 Cronache 27). Anche se il regno di Salomone fu pacifico, egli ampliò ulteriormente l’esercito, aggiungendo carri e cavalieri (1 Re 10:26). L’esercito permanente continuò (anche se ebbe a dividersi insieme al regno dopo la morte di Salomone) fino al 586 a.C., quando Israele cessò di esistere come entità politica.

Gesù si meravigliò per il modo in cui un centurione romano (ufficiale in carica di cento soldati) si accostò a Lui. La risposta del centurione a Gesù indicava la sua chiara comprensione dell’autorità così come la sua fede in Gesù (Matteo 8:5-13). Gesù non ne denunciò il mestiere. Molti centurioni menzionati nel Nuovo Testamento vengono lodati come cristiani, timorosi di Dio e uomini di buon carattere (Matteo 8:5, 8, 13; 27:54; Marco 15:39, 44-45; Luca 7:2, 6; 23:47; Atti 10:1, 22; 21:32; 22:25-26; 23:17, 23; 24:23; 27:1, 6, 11, 31, 43; 28:16).

Storicamente, i ruoli e i titoli forse sono cambiati, ma le nostre forze armate dovrebbero essere valutate nello stesso modo favorevole in cui lo furono i centurioni delle Bibbia. Essere un soldato era altamente riverito. Ad esempio, Paolo descrive Epafrodito, un compagno cristiano, come un “commilitone” (Filippesi 2:25, Riveduta). La Bibbia utilizza anche i termini militari per descrivere come essere forti nel Signore indossando l’intera armatura di Dio (Efesini 6:10-20).

Certo, la Bibbia affronta davvero il servizio militare, direttamente e implicitamente. Gli uomini e le donne cristiani che servono il loro paese con carattere, dignità e onore possono star certi che il dovere civico che essi svolgono è giustificato e rispettato dal nostro Dio Sovrano. Quanti prestano servizio nell’esercito meritano il nostro rispetto e la nostra gratitudine.


QUANTO CI COSTA LA POLITICA?

Quanto ci costa la politica ? Un botto che non ha pari al mondo, una vera e propria TRUFFA

 

 di Gaspare Serra

http://www.lanuovaitalia.eu/wordpress/quanto-ci-costa-la-politica-un-botto-che-non-ha-pari-al-mondo-una-vera-e-propria-truffa/

POVERA ITALIA

L'Italia è fallita ed ancora se la tirano.

di Corrado Belli
http://mentereale.com/articoli/litalia-e-fallita-ed-ancora-se-la-tirano