Cosa succede all’Italia? A questa Italia. All’Italia degli anni ’10. Il Bel Paese ridotto a un cumulo di macerie. Debito pubblico alle stelle, disoccupazione ai massimi storici, povertà incalzante anche per quei ceti che un tempo si definivano medi. Gli italiani sono stanchi, provati da privazioni continue.
Oggi ci risvegliamo e ci accorgiamo
delle tante, troppe fabbriche dei veleni: secondo l’Istituto Superiore
di Sanità, ben 57 siti industriali in Italia minacciano la salute dei
lavoratori e dei cittadini e ben 13 mila sono potenzialmente inquinanti.
Per mettere in sicurezza le fabbriche della morte e le miniere
servirebbero 30 miliardi di Euro, ma il Ministero dell’Ambiente mette a
disposizione solo 164 milioni. Il caso Ilva è di attualità in questi
giorni, ma prim’ancora ci sono state città come Gela, Priolo, Bagnoli,
Porto Torres, le miniere dell’Iglesiente, Marghera, ecc… L’Istituto
Superiore di Sanità e le Agenzie regionali per l’ambiente hanno
dichiarato che sei milioni di italiani sono in condizioni di rischio
sanitario permanente (Indagine “Sentieri”). La rivoluzione industriale
che tanto ha fatto sperare a milioni di cittadini un benessere senza
confini è stata portata avanti in modo spregiudicato con un solo
obiettivo perseguibile: il business ad ogni costo.
L’agricoltura non sta meglio: l’impiego
dei concimi chimici che avrebbero dovuto consentire di coltivare su di
uno stesso campo, senza discontinuità e senza esaurimento, sempre la
stessa pianta, stando a quanto dicono gli esperti, si è rivelato una
fonte di pericolo per la salute pubblica. Compriamo cibo avvelenato che
ci fa ammalare e che di conseguenza fa spendere allo Stato miliardi di
euro nella Sanità pubblica che si rivela spesso, purtroppo, inadeguata
ai bisogni della povera gente. E’ un circolo vizioso che conduce alla
morte.
Il sottosuolo poi è stato violentato,
dissacrato, profanato: vi hanno sepolto di tutto, dall’amianto ai
rifiuti tossici d’ogni genere: arsenico, zinco, piombo, indio, germanio,
mercurio e fanghi micidiali. In certe parti d’Italia tonnellate di
materiale nocivo sprigionano fiammate dal sottosuolo. Le chiamano “le
pietre del diavolo”, minerali finiti abusivamente nella terra e che a
contatto con l’ossigeno prendono fuoco. Imprenditori senza coscienza
anziché smaltire le scorie in discariche autorizzate, avrebbero
sotterrato 350 mila tonnellate di fanghi mortali.
Quella terra che dovrebbe produrre vita,
i nostri padri l’hanno avvelenata, uccisa brutalmente. Con i rifiuti
tossici, poi, stando alle inchieste della Magistratura, hanno costruito
porti, strade, case, persino scuole. Le percentuali di morti per tumore
non si contano e aumentano vertiginosamente ogni giorno. L’aria che
respiriamo nelle nostre città è pregna di veleni d’ogni tipo.
Dov’era la politica? Dov’è la politica?
Si parla tanto di sentimenti di anti-politica fra gli italiani, ma
quella che abbiamo subito era vera politica? Diceva don Milani: “Ho
imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è
la politica, sortirne da soli è l’avarizia”.
Questa è l’Italia? Questa è l’eredità
che ci lasciano in dono i nostri padri e che noi lasceremo ai nostri
figli? Quale sentimento ci dovrebbe accompagnare quando ascoltiamo le
dichiarazioni dei signori “taglia tutto”? Tagliateci anche l’aria, ma le
coscienze dei morti continueranno a gridare vendetta.
Antonio Curci
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