di FABRIZIO DAL COL
In un clima ormai da guerriglia, il New York Times, con un
editoriale firmato da Nikos Konstantaras, caporedattore ed editorialista
del quotidiano Kathimerini, ipotizza per la Grecia il rischio di una
guerra civile.
L’analisi del giornalista è impietosa e sconfortante: è difficile
immaginare che negli altri Paesi, “specialmente nelle mature democrazie
occidentali” l’omicidio di due membri appartenenti a un partito
relativamente piccolo “possa sollevare seri timori d’instabilità
politica e di divisione nazionale”. Konstantaras si riferisce alle dure
reazioni all’assassinio, avvenuto la sera del primo novembre, di due
membri di Alba Dorata, il partito di estrema destra di stampo
neonazista, responsabile di diversi attacchi a oppositori politici e
immigrati, tant’è che oggi il suo leader e i membri principali sono
sotto processo per aver creato “un’associazione criminale”.
Questa è la precaria situazione in Grecia, oggi alle prese con le
fatiche per superare il suo sesto anno di recessione e il terzo anno di
un programma di ripresa economica, che è ancora lungo e carico di
austerità, ma troppo breve per sperare sulla crescita.
Dopo gli omicidi del 1 novembre, il primo ministro Antonis Samaras ha detto : ”
E’ come accendere un fiammifero in una polveriera, soprattutto quando
ci sono così tanti altri fuochi accesi per l’economia”. Konstantaras
ricorda come la crisi e le misure volte a combatterla hanno portato il
tasso di disoccupazione al 28 per cento, un forte calo del prodotto
interno lordo (il 28 per cento dal 2008), l’ aumento delle tasse,
redditi più bassi, meno vantaggi, diffusa insicurezza e perdita di
fiducia nel sistema politico, nelle istituzioni democratiche e anche
nell’Unione europea. Continuando, Konstantaras afferma che le forze
politiche di sinistra e di destra stanno recuperando forza, e che
questo, forse porta in direzione di un conflitto, e con il centro che
lotta per resistere potremmo anche vedere ciò che sembrava impossibile
fino a poco tempo fa: un nuovo ciclo di lotte civili, dopo decenni di
pace e di progresso. Anche se una discesa della violenza politica non è
imminente, la scena è in mano a coloro che possono decidere di usare o
meno le pistole.
Alla luce di ciò, proprio su questo giornale, che qui ringrazio, più
volte avevo sostenuto che sulla Grecia e su Cipro le maggiori
responsabilità erano quelle tedesche, e proprio oggi, è successo quanto
anticipato e ampiamente atteso : la Germania è finita sotto indagine
della Commissione europea. Austerity e rigore erano il mantra di
Berlino, ma fin dal 2011, gli Usa bollavano tale decisione come una
follia economica, e ribadendo che solo con la priorità della crescita si
sarebbe potuto evitare il declino totale dell’Europa, avevano anche
invitato la Ue a cambiare la sua politica economica. Oggi si scoprono le
ragioni che hanno portato la Germania a recitare i ruolo di locomotiva
Europea : un eccesso di export dovuto allo sforamento di quattro
parametri. Il surplus commerciale della Germania “può mettere pressione
sull’apprezzamento dell’euro e rendere difficile il recupero della
competitività dei Paesi periferici dell’Eurozona”, ha scritto la
Commissione europea. Una affermazione che pesa come un macigno, quella
della commissione Europea, ma che sembra calzare a pennello ai fatti che
accadono in Grecia, che oggi rischia di divenire la prima vittima
sacrificale delle politiche rigoriste tedesche.
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