sabato 7 dicembre 2013

Manovra, per le pensioni torna in pista la rivalutazione fino a duemila euro


 

di Andrea Bassi
La manovra alla Camera prova a ripartire dalle questioni che si erano arenate al Senato. Prima tra tutte la rivalutazione delle pensioni. Il governo, per bocca del vice ministro Stefano Fassina, ha aperto alla proposta di adeguare al 100% dell’inflazione gli assegni fino a quattro volte il minimo.

L’indicizzazione completa degli assegni, dunque, salirebbe dagli attuali 1.500 euro circa fino a 2.000 euro. Per quelli superiori rimarrebbe una rivalutazione del 75% (tra quattro e cinque volte le minime) e del 50% per quelle fino a sei volte il minimo. «Stiamo lavorando anche ad un’altra soluzione», spiega a Il Messaggero Angelo Rughetti, che sta facendo da ”ufficiale di collegamento” in Commissione bilancio per il gruppo del Pd. «L’idea», dice il deputato, «è arrivare ad una rivalutazione piena, al 100%, per tutte le pensioni sotto il limite dei 90 mila euro». Un allargamento della platea verso il quale sta spingendo anche la Cna pensionati. Il problema sono le risorse. «I soldi», spiega Rughetti, «potrebbero essere recuperati dal contributo sulle pensioni d’oro, attualmente destinato a finanziare il reddito minimo, ma che rischia di cadere di nuovo sotto la scure della Corte Costituzionale perché le risorse sono impiegate fuori del sistema previdenziale». Una mossa del genere, ovviamente, lascerebbe scoperta la misura di integrazione dei redditi per i più poveri. Misura che il governo, ha spiegato Fassina, vorrebbe invece rafforzare aumentando la dote di 120 milioni di euro con la possibilità di far salire fino a 400 euro il reddito garantito per le famiglie in difficoltà. Con quali soldi? Un’ipotesi sarebbe quella di usare i fondi della spending review, sottraendone una parte al taglio del cuneo fiscale. Sulle pensioni ci potrebbe essere anche un’altra novità, la reintroduzione del divieto di cumulo tra pensione e reddito quando l’assegno previdenziale è superiore a 50 mila euro. Un emendamento del Pd con questi contenuti è già stato depositato.

Stretta sui depositi Ma la vera sorpresa, probabilmente, potrebbe essere un’altra proposta di modifica che arriva dal partito di maggioranza alla Camera: quella di eliminare i tetti al bollo depositi. Dal primo gennaio del prossimo anno scatterà la nuova aliquota del 2 per mille sulle «comunicazioni finanziarie». Una patrimonialina che colpisce gli investimenti in titoli e i conti di deposito. Il Pd vuol cancellare la soglia minima di pagamento, attualmente fissata a 34,20 euro e quella massima di 4.500 euro. Un modo spiega Rughetti, «per rendere l’imposta più progressiva».

Il Pd, poi, continua a spingere per l’introduzione della cosiddetta «web tax», un meccanismo per colpire le multinazionali di internet. Giganti come Google che pur fatturando in Italia centinaia di milioni di euro, pagano tasse irrisorie grazie a complessi meccanismi fiscali. Con la web tax i big dell’on line sarebbero costretti ad aprire una partita Iva italiana per fatturare tutta la pubblicità venduta nel paese. In questo modo sarebbero costretti a pagare l’Iva e le altre tasse. Una misura analoga, ieri, è stata prospettata anche dal presidente francese Francoise Hollande che ha incontrato i vertici di Netflix. La società che offre video in straming ha illustrato al capo dell’Eliseo le sue intenzioni di ingresso sul mercato francese, sentendosi immediatamente rispondere che una condizione imprescindibile era, appunto, l’apertura di una partita Iva nel paese. Per dire che oltre il mondo virtuale ce n’è uno reale dove si pagano le tasse. 

Nessun commento:

Posta un commento