giovedì 21 novembre 2013

La legge non è uguale per tutti





La scoperta che, dietro la scarcerazione di Giulia Ligresti per “motivi umanitari” ci sia in realtà l’interessamento del ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, riporta alla memoria altri episodi di mala giustizia del passato, da parte dei potenti a vantaggio dei loro amici: dalla soffiata da parte dell’allora presidente del Consiglio, Francesco Cossiga, a Donat Cattin per favorire la fuga del figlio accusato di terrorismo, alla telefonata dell’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per liberare la famigerata “nipote di Mubarak” dal fermo di polizia.
Ciò che accomuna questi episodi è una concezione di “superiorità alla giustizia” proprio da parte di coloro che, a causa del loro ruolo istituzionale, dovrebbero invece sottomettervisi in maniera ancora più esemplare di quanto non sia richiesto a un normale cittadino. In tutti questi episodi, affiorano interessi privati in atti pubblici: nel caso particolare della signora Cancellieri, una lunga amicizia con la famiglia Ligresti, con torbidi favori finanziari concessi al figlio. Nella fattispecie, una buonuscita di 3,6 milioni di euro dopo un anno di “lavoro” come direttore generale di una holding dei Ligresti.
Come sempre succede in questi casi, il Palazzo fa quadrato attorno ai suoi esponenti. Da un lato, si adducono appunto gravi “incompatibilità” della povera (nel senso di ricca) signora Ligresti al carcere: come se al mondo ci fosse qualcuno che col carcere è compatibile, e non soffra per la detenzione e i suoi effetti. Dall’altro lato, le massime autorità dello Stato, dal presidente della Repubblica a quello del Consiglio, sembrano accettare la scusa del ministro, di aver agito “secondo coscienza”: come se per il ministro del Giustizia la coscienza potesse essere un sostituto della legge e della trasparenza.
La realtà è, molto semplicemente, che la legge non è affatto uguale per tutti, nonostante ciò che sta scritto nei tribunali. Per i potenti, economici o politici, la legge è diversa, e loro la aggirano silenziosamente a piacere. Ma a volte, come in questo caso, il silenzio viene infranto: in tal caso la decenza vorrebbe che, invece di arrampicarsi sui vetri, la signora Ligresti tornasse in cella, come una qualunque pregiudicata sottoposta alla carcerazione preventiva, e la signora Cancellieri tornasse a casa, come un qualunque ministro preso con le mani nel sacco. Anche se, probabilmente, non succederanno né una cosa, né l’altra.

Nessun commento:

Posta un commento