mercoledì 20 novembre 2013

Banche usuraie


 


Banche usuraie, strozzinaggio legalizzato: «Interessi fino al 19mila per cento»

Nel 1993 viene concesso al titolare un mutuo chirografario di circa 30 milioni di lire, nel 1995 un secondo di 60 mesi da circa 100 milioni e nel 1999 un terzo da 90 milioni della durata di 120 mesi. Contro questo debito, che i piccoli imprenditori non saldano, la Bcc fa ricorso nel 2009 per ottenere una ingiunzione al pagamento. I gioiellieri per difendersi chiedono alla banca i dettagli sull’ esposizione. Da questi emergono circa 50 mila euro di interessi. I Carucci ottengono a loro volta l’ ok dal tribunale per una perizia. Risultati di parte? Dai documenti si evince a quel punto che i Carucci sono creditori della banca di 31mila euro per un conto corrente e di circa 36mila per l’ altro – cifre guadagnate dalla banca con i presunti tassi da usura. Facendo i conti salta fuori, infatti, il superamento della soglia d’ usura e che – secondo l’ accusa – quello che doveva essere un mutuo fondiario è invece servito per appianare i debiti di conto corrente.


Strozzinaggio legalizzato:«In banca interessi fino al 19mila per cento»

I 22 membri del cda della Bcc di Capaccio sono stati rinviati a giudizio dal tribunale di Salerno per aver applicato presunti tassi da usura. Con questa accusa sono comparsi davanti alla prima sezione penale il presidente e tutti i componenti del consiglio che si sono succeduti dal 1996 al 2002. (…) (…) Il pm contesta alla banca di aver ricevuto senza titolo un importo complessivo di poche migliaia di euro dal 1997 al 2009, applicando però interessi sugli interessi maturati in precedenza. Cifre che sembrano basse, ma con tassi di interesse che avrebbero superato mediamente il 60% e in alcuni trimestri raggiunto picchi del 3mila e del 19mila%. L’ origine della vicenda risale agli anni ’80, quando viene aperto il primo conto corrente da Pasquale Carucci, il titolare di una gioielleria di un paese vicino a Salerno. Nel 1992 ne viene aperto un secondo conto che resta in vita fino al 2002.
Nel 1993 viene concesso al titolare un mutuo chirografario di circa 30 milioni di lire, nel 1995 un secondo di 60 mesi da circa 100 milioni e nel 1999 un terzo da 90 milioni della durata di 120 mesi. Contro questo debito, che i piccoli imprenditori non saldano, la Bcc fa ricorso nel 2009 per ottenere una ingiunzione al pagamento. I gioiellieri per difendersi chiedono alla banca i dettagli sull’ esposizione. Da questi emergono circa 50 mila euro di interessi. I Carucci ottengono a loro volta l’ ok dal tribunale per una perizia. Risultati di parte? Dai documenti si evince a quel punto che i Carucci sono creditori della banca di 31mila euro per un conto corrente e di circa 36mila per l’ altro – cifre guadagnate dalla banca con i presunti tassi da usura. Facendo i conti salta fuori, infatti, il superamento della soglia d’ usura e che – secondo l’ accusa – quello che doveva essere un mutuo fondiario è invece servito per appianare i debiti di conto corrente.
«La banca in questione non è la prima né l’ unica sulla quale sono emersi problemi di tassi», spiega a Libero il dottor Francesco Leo dello studio Kipling specializzato in perizie di genere, «in questo caso i giudici hanno inteso approfondire la vicenda vagliando con accuratezza anche i complicati aspetti tecnici». L’ origine della causa è drammaticamente semplice. Spesso a una richiesta di rientro dagli affidamenti segue la revoca degli stessi e l’ impossibilità di far fronte alla normale gestione dell’ azienda. «L’ esposizione spesso cresce», prosegue Leo, «poiché il debito si autoalimenta fino a diventare insostenibile. A questo punto occorre indagare sulla effettiva consistenza del debito e sull’ eventuale applicazione di tassi eccedenti i limiti di legge. È qui che viene richiesta la consulenza della Kipling». Di fronte ai giudici la Bcc si difende dimostrando che i tassi applicati sono sempre stati coerenti con le direttive Bankitalia.
Così ora la partita si gioca davanti alla corte. Vedremo l’ esito del processo, anche sul fronte civile, ma un fatto resta rilevante. Proprio sui piccoli importi, i correntisti devono porre la massima attenzione e non trascurare di mettere mano alla propria calcolatrice. «Operiamo nel settore da oltre vent’ anni. La differenza con il passato è che oggi c’ è più consapevolezza da parte delle imprese rispetto alla tenuta dei rapporti», conclude Leo, «tuttavia i problemi sono sempre i medesimi». I numeri sui contenziosi però aumentano. Da un lato lebanche chiudono i rubinetti, dall’ altro le aziende puntano a ottimizzare i costi del credito. Solo a giugno sono stati citati in tribunale due istituti. A Sassari il titolare di una concessionaria di auto ha chiesto lumi su tassi che avrebbero sforato il 20%, mentre a Bologna un piccolo commerciante di ortofrutta si è messo contro una locale banca popolare. Quando il commerciante si vede ritirare i fidi e non riesce a ottenere il pagamento delle proprie fatture, per evitare il fallimento cerca la transazione. Tutti i debitori accettano. Tranne la banca che rifiuta un accordo sull’ 80% dell’ importo. A quel punto l’ avvocato del commerciante fa verificare gli interessi sui conti correnti a partire dal 1996. Risultato? Decideranno i giudici ma potrebbe toccare alla banca restituire i soldi al commerciante e non viceversa.

 

 

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